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Wednesday, December 24, 2014

ANCHE QUEST'ANNO SARA' NATALE

200 cappelletti fatti, forse basteranno per il giorno di Natale e per Capodanno.
E nel fare i cappelletti, ripetendo gesti antichi, non possono  non tornare in mente i gesti ripetuti per tanti anni da mia madre.
La famiglia era molto numerosa e lei era abituata a pensare a grandi pentoloni, a porzioni che potessero saziare tutte le pance. E così, iniziava i primi di dicembre a preparare il cenone della vigilia. Mio padre si occupava del capitone, povera bestia; quando Sarah era piccola, lei ci faceva amicizia con questa grossa anguilla tenuta viva nella vasca da bagno per almeno due, tre giorni e quando era il momento di salutarla versava vere lacrime, preparandosi così alle scelte da adulta. Ma la cosa migliore, per me, era vedere mia madre che, da sola, con qualche aiuto sporadico ma non costante, preparava il croccante, gli struffoli, le zeppole, il sugo, le tagliatelle ed i cappelletti.
Alla fine il cenone non aveva tante portate:   come primo tagliatelle (ovviamente all'uovo, fatte dalla mamma) con il sugo senza carne perché la vigilia si deve mangiare di magro. Qualche sogliola, che io odiavo, da fare impanata ed il capitone fritto, non marinato. Poi abbondanza di mandarini, frutta secca, torrone, un panettone e poi via con il croccante di mandorle, gli struffoli messi a montagna con il miele (senza le codette od altro perché era stato decretato che davano fastidio ai denti), le fettucce dolci, le zeppole. Ah, i dolci della tradizione napoletana come erano buoni e fatti magistralmente dalla mamma! Gli struffoli richiedevano tanto tempo per la preparazione perché fatta la pasta occorreva fare tanti salamini piccoli, tutti della stessa misura; venivano poi tagliati a dadini piccoli, poi i dadini dovevano essere fatti a palline, piccole, perché nel friggerle raddoppiavano di volume. Poi, una volta fritte tutte le palline (in olio extra vergine bollente) e asciugate da quel poco unto rimasto, venivano messe su un piatto di portata a piramide e cosparse di miele liquefatto al giusto punto perché facesse da collante. Le zeppole, fatte di pasta di patate se non ricordo male, venivano fatte a forma di fiocco incrociato e fritte e poi cosparse di zucchero. Il croccante aveva una lavorazione faticosa: mandorle scottate, sbucciate, tagliate a metà, poi messe nel paiolo con lo zucchero e girare, girare, girare senza stancarsi fino a che lo zucchero, caramellato, si scioglieva. Velocemente doveva essere versato sul tagliere, steso e battuto leggermente con il batti carne, appiattito e velocemente, intanto che era caldo, tagliato in tanti piccoli pezzi. Il croccante si raffredda velocemente, quindi le operazioni devono essere fatte senza interruzione, facendo attenzione a che lo zucchero non si bruci o che si raffreddi troppo facilmente una volta steso. Le fettuccine erano di pasta frolla: una volta fatta la pasta frolla, veniva stesa e sopra veniva messa la buccia di limone grattugiata (solo la parte gialla perché la parte bianca, si sa, è amarognola) e lo zucchero. Poi veniva arrotolata come un salame e tagliata a rondelle tutte uguali ed alla fine venivano fritte. Era il mio dolce preferito, non avrei mai smesso di mangiarle ed era il dolce preferito di mio fratello Gian Pietro. A volte, a Natale, veniva fatto anche il sanguinaccio, con il sangue preso dal macello fresco, mescolato con cioccolato, canditi e uvetta. La carne, spesso, non si poteva comperare e questo dolce dava la sostanza (forse) necessaria alla famiglia. Veniva cotto, non ricordo come e arrotolato come salame di cui si mangiavano le fette. Infatti veniva anche chiamato salame di cioccolato. Mia madre, sempre da sola, preparava la pasta ed il ripieno dei cappelletti e ne faceva una grossa quantità per una famiglia di nove persone perché per tradizione noi mangiavamo i cappelletti il mezzogiorno del Natale e del Capodanno. Il ripieno non è quello tradizionale degli anolini o dei cappelletti parmigiani; il nostro ripieno non ha carne ma farina, uova, olio extra vergine, noce moscata, parmigiano reggiano ed un po' di sale. Un ripieno, insomma, vegetariano. Era la ricetta più povera del ripieno, senza lo stracotto usato in città, poiché era una ricetta di mia nonna per la sua osteria di Fontanellato. Ed è ancora il ripieno che uso io. Lo stesso ripieno, con l'aggiunta di un po' di farina, fatto a palline può essere mangiato in brodo; oppure, avvolto e arrotolato come arrosto, cotto in brodo, può essere tagliato a fette e mangiato come secondo. Il segreto sono le giuste dosi di noce moscata e parmigiano. Mia madre quando faceva la scorta di cappelletti, se rimaneva della pasta poi faceva i capellini d'angelo o la pastina grattugiata. Teneva  il risultato del suo lavoro su un grosso tagliere che veniva messo sopra gli armadi a fare seccare (quando non c'era ancora il surgelatore). Ne faceva una quantità tale che non oso pensare al mal di schiena del giorno dopo. Io, dopo averne fatti con Sarah e Yuri "solo" 200 ho la schiena a pezzi. Ed ho avuto degli aiutanti validissimi!
Ecco, anche quest'anno, mamma, domani è Natale. Tutti i miei gesti ti ricordano, tutte le giornate gioiose di noi bambini mi tornano in mente, con te ed il babbo indaffarati per farci passare delle feste luminose. Grazie per tutto, mamma e babbo, grazie di cuore ... anche questo Natale siete con noi, di fianco a noi ... grazie.
 

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