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Thursday, July 20, 2023

Paturnie notturne

 Sarà il caldo, sarà la mia insonnia, ma per l'ennesima volta mi ritrovo a sedermi al pc per scrivere nel bel mezzo della notte. Avere il pc davanti alla finestra mi permette di vedere che altre finestre sono accese, a quest'ora, forse per altri motivi che non sia l'insonnia.

Svegliarmi di notte è un dramma, perché dopo non riesco più a riprendere sonno.

E la mente inizia a sondare la giornata passata, le parole dette ed ascoltate, le cose fatte, quelle da fare. 

Ci voleva  questo caldo infernale per farci prendere la decisione che in tanti anni non abbiamo voluto prendere: installare un condizionatore.

Sono sempre stata contraria, consapevole del fatto che il cambiamento climatico è senz'altro causato anche dal forte utilizzo di queste macchine che sputano a manetta il caldo fuori dagli ambienti causando un effetto serra tutto attorno. Me ne sono accorta quando la mia dirimpettaia lo ha installato: i primi tempi le mie piante del balcone si sono letteralmente bruciate, i vetri della porta finestra si scaldavano in modo anomalo e le avevo dovuto dire che doveva tirare su il tendone quando lo utilizzava.

Ma ormai la temperatura insostenibile non riusciamo più a combatterla con i soli ventilatori e così abbiamo dovuto decidere di fare questo passo assolutamente non ecologico e molto dispendioso.

Nell'insonnia mi viene da pensare alla nostra vita passata, che ormai ne conta tanti di anni vissuti; mi scorrono in mente tanti pensieri, la nostra gioventù, le serate passate con gli amici sempre con la chitarra in mano, le feste in famiglia, cantando più per far piacere alla mamma che per nostra vera esigenza. A volte mi stancava dover sempre cantare per far felice la mamma, o per stare in compagnia con gli amici, a volte mi sentivo un gira dischi che ininterrottamente girava e cambiava disco. Cantare non mi permetteva di chiacchierare, di raccontare o di ascoltare; cantare mi isolava.

Ma ora che da anni, da quando la mamma non c'è, non canto più con i miei fratelli ne sento la mancanza. Faccio fatica anche a cantare da sola, con la mia chitarra perché a volte le dita delle mani si rifiutano di fare quegli accordi, tenere quei ritmi; eppure, quando cantavamo dimenticavamo tutto, ci sentivamo uniti e ci divertivamo. E quelle canzoni mancavano alla mamma, durante i giorni dell'ospedale, i suoi ultimi giorni, mentre diceva: voglio solo i miei bambini, voglio solo la musica.

La musica ha fatto da sfondo a tante serate, a tante feste, tutte le feste di famiglia e le voci si univano in un unico abbraccio.

E penso con tristezza che i due bambini nati in famiglia non ci hanno mai sentito cantare insieme.

E pensare che mia figlia è cresciuta pensando che in tutte le famiglie si cantasse come si cantava nella nostra.

La notte si sposa con la malinconia. E non c'è nessuna musica nella notte o nella malinconia.

Ma chissà, forse domani mattina, anzi fra qualche ora, prenderò una delle mie chitarre e canterò qualche canzone, visto che ho finito di preparare la riedizione de L'Archiatra per stamparlo in un unico volume. 

Ho voglia di cantare a squarciagola.

Canterò per la mamma che senz'altro da lassù ascolterà sorridendo.