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Saturday, April 21, 2012

Dell'arroganza e della maleducazione

Io non so se ho scritto in fronte: questa persona si può (o deve) maltrattare.
Episodio n. 1: ordino on-line prodotti per i miei pelosi, gatti e cani. Il prodotto che ordino maggiormente è una sabbia ecologica, in confezioni da 40 kg. Poiché la consiglio ad amiche che hanno più di un gatto, a volte, come l'altro giorno, mi capita di avere più di un collo da portare o in casa o in garage. L'autista del corriere Bartolini che era addetto alla mia spedizione, in mezzo alla strada ha iniziato a dire che avrei dovuto avere un aiuto da qualcun altro o di chiamare un vicino perché lui aveva disposizione di "consegnare in mano" e non al piano. Punto primo: se dovessi farmi portare al piano, pagando quasi 3 euro in più,  voglio vedere se me la porterebbero, dal momento che non ho ascensore. Per questo motivo, me la faccio consegnare solo, ovviamente, dentro al portone. Tra l'altro, l'altro giorno pioveva pure, non potevo tenere tre cartoni all'acqua. Questo ha continuato a brontolare, dicendo che non aveva disposizioni di portarlo al piano; ed io a ripetere che non era al piano, ma al piano terra, dentro al portone. Ho telefonato al corriere e devo riconoscere che hanno raccolto le mie lamentele con educazione dicendo che l'autista aveva torto ed avrebbero preso provvedimenti.
Episodio n. 2: oggi si presenta un incaricato di IREN per la lettura del gas. Ho i miei due cagnolini che abbaiano appena sentono suonare il campanello e quando si apre la porta, ma non fanno assolutamente nulla. Sappiamo che più sono piccoli, i cani, e più abbaiano. E, comunque, è il loro mestiere difendere la casa. Questo, con cipiglio arrogante mi fa: "Eh no, tienili lontani, mandali via!". Dunque, prima di tutto non sono tua sorella, non sono mai venuta a casa tua a mangiare quindi, perché mi dai del tu? Io sono sempre troppo educata ed ho risposto semplicemente: "Loro sono a casa loro, se LEI deve entrare, entri!". "A no, allora prendi tu i numeri!". Mi sono scocciata e quindi anche io con un tono meno gentile ho chiesto: "Quali numeri LE devo dare?". Così ho preso i numeri del contatore ed ho chiuso la porta. Ho telefonato al servizio clienti di IREN e la donna che mi ha risposto, alle mie lamentele ha risposto che "il nostro incaricato è venuto solo a prendere i numeri del contatore per il suo gestore". "Cosa c'entra il gestore se il personale è IREN?" E questa a insistere dicendo, praticamente, che fanno anche un favore a prendere i numeri del contatore. Ma, ho ripetuto, "il personale che mandate nelle case è il vostro, con cartellino IREN e questo era arrogante e maleducato. Se vi interessa saperlo, bene, altrimenti sono fatti vostri e non stupitevi se la gente cambia fornitore!" ed ho messo giù il telefono.
Sono veramente stanca dell'arroganza, della maleducazione che da venti anni a questa parte imperversa nel paese. Non desidero certo, in questi momenti di  crisi lavorativa, che persone vengano licenziate. Ma ho lavorato con il pubblico per anni, come commessa di un negozio, come impiegata di servizi, come agente di commercio per la mia agenzia di rappresentanza e per me il cliente è sempre stato oro, da trattare con educazione, se non con riverenza. La servitù e la schiavitù sono state cancellate da almeno cento cinquanta anni anche in Italia; ma da qui a trattare le persone con arroganza e maleducazione ce ne passa.
 

Saturday, April 14, 2012

SOLITUDINE

Una bellissima canzone di Battiato dice: "... non possono le nuvole annientare il sole ..."
Oggi mi sento non solo abbattuta. Sono tante le cose che vorrei dire, o scrivere; tante le cose che non vanno come dovrebbero; tante le persone assenti a cui, comunque, non chiederei nulla perché (questo è un mio limite) non ho mai chiesto nulla a nessuno.
Ho sempre cercato di dare, nel possibile: non dico solo materialmente, ma anche come vicinanza, come abbraccio, come empatia. Forse chi mi conosce ha sempre pensato che potessi fare a meno di ricevere altrettanto; forse chi mi conosce meno (come i miei fratelli) pensa che sia autosufficiente a me stessa. Fin da quando ero ragazzina, mi sono sempre posta di fare il possibile per tutti; in coppia, mio marito mi ha seguito in questo modo di vivere e, a costo di spolparci (economicamente ed emotivamente) siamo sempre stati disponibili. Con il risultato di ritrovarci soli, al bisogno.
Comportandosi con troppa generosità (ripeto, non solo materialmente) si subiscono due atteggiamenti: il primo è quello che gli altri pensino che tu non hai bisogno del loro sostegno; il secondo è quello della sindrome del beneficiato che si accanisce contro la mano di chi ha dato.
Non abbiamo mai ricevuto sostegno da parte di nessuno, nè moralmente nè economicamente; non abbiamo mai il piacere di sentirci chiedere: tu, come stai? Forse per paura di sentirsi rispondere: sto male. Le lacrime altrui non sono mai piacevoli, soprattutto per chi non sa come raccoglierle. Porgere la spalla e lasciare che l'altro, anche senza parlare, pianga, sarebbe già un passo gradito.
Mia figlia, probabilmente, sente il peso di tutto questo poiché ha sempre compreso (perché glie l'ho ripetuto spesso) di essere parte solo di un trio, non di una famiglia allargata, nonostante 12 zii e 10 cugini. Si è sempre sentita ripetere di essere la cocca dell'unica nonna che lei aveva, ma a riprova del fatto che non era così sono le ultime vicende famigliari.
Cose non dette per anni, mi stanno affaticando la vita; incomprensioni degli ultimi tempi mi hanno avvelenato abbastanza, tanto da risentirne nel fisico.
Se prima ci sentivamo estranei nei pranzi di famiglia, ora non so se ci sentiamo meno o di più.
E' vero che nessuno è profeta in patria, ma sapendo che scrivo nessuno mi ha chiesto, nell'ultima occasione vissuta insieme, se ho scritto altro, se sto scrivendo, se ho pubblicato. I primi libri li regalavo in famiglia, ora non più perché capisco che non vengono nemmeno sfogliati.
Anche di mia figlia hanno chiesto poco: alla mia risposta che era venuta ultimamente per presentare un suo libro, non mi hanno nemmeno chiesto di che genere è, cosa scrive, cosa fa.
Non credo che questo atteggiamento sia dovuto a come sono andate le cose per mia madre: certe domande non me le ponevano nemmeno prima.
Si ripete quello che ho vissuto per tutta la mia vita: io so, più o meno, tutto dei miei fratelli, delle mie sorelle, dei miei nipoti. La mia famiglia non sa nulla né di me né di noi.
Una lezione da imparare?
Forse.
Certamente non lasciarsi abbattere dalle nuvole, ma ancor di più essere muniti di un grande ombrello.