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Friday, January 19, 2024

Commemorazioni

 La Cassazione ha sentenziato che il saluto romano è un reato ma non per le commemorazioni.

A meno che non ci siano prove di una riorganizzazione del disciolto partito fascista. Ma, come cita l'articolo sotto:

"AGI - "La condotta tenuta nel corso di una pubblica manifestazione consistente nella risposta alla 'chiamata del presente' e nel cosiddetto 'saluto romano', rituali entrambi evocativi della gestualità propria del disciolto partito fascista", integra il reato previsto dall'articolo 5 della legge Scelba (n.645/1952), "ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione".

Ciò nonostante, la Cassazione ha sentenziato che la manifestazione di Acca Larenzia non rientra nella legge Scelba.

Nemmeno se gli aderenti di Casa Pound dichiarano chiaramente di essere fascisti.

Ora, la democrazia è molto bella perché ognuno ha il diritto, riconosciuto, di esporre il proprio pensiero, ma la costituzione del partito fascista e la sua riorganizzazione sono reato.

Cosa devono fare perché vengano riconosciuti come rei coloro che inneggiano al fascismo ed alzano il braccio? Sono chiaramente riconoscibili, con le loro camice nere. 

Dobbiamo aspettare che pugnalino ancora qualcuno, come fecero il 25 agosto 1972 a Parma (quando fu assassinato Mario Lupo)? Dobbiamo aspettare che prendano qualcuno e gli facciano bere l'olio di ricino? 

Il nuovo fascismo non si esporrà a gesti eclatanti, forse, probabilmente.

Il  fascismo, mai morto (il Presidente del Senato confessa candidamente di avere busti di Mussolini, considerato "grande statista") avanza nel totale silenzio e chi lo riconosce e ne parla viene tacciato come qualcuno che vive di immaginazione.

Probabilmente i nostri genitori che lo hanno vissuto, lo riconoscerebbero immediatamente.

Mia madre mi diceva: se avessimo avuto la televisione, se avessimo potuto guardare in faccia il dittatore quando parlava, ci saremmo accorti di quello che stava per accadere.

Le ho sempre risposto che no, non l'avrebbero riconosciuto. 

Come ancora oggi non viene riconosciuto; è come l'onda dell'alta marea, non arriva con furore, ma arriva piano piano, i gabbiani si lasciano galleggiare piano piano, le piante hanno un leggero fruscio e si flettono dolcemente al lieve arrivo della gentile brezza, fino ad arrivare ad essere coperti completamente dall'acqua.

Ecco, attenzione alla leggera brezza, che sembra così confortevole e gentile, attenzione al gesto e al "presente" detto tra "pochi intimi" perché quando saremo travolti sarà troppo tardi.

Ricordate i versi di Dante, i versi che ricordano i fraudolenti: si presentano con un bel viso, ben vestiti poi colpiscono a tradimento presentando il pungiglione dello scorpione. 

Un saluto "commemorativo" potrà non essere reato; ma ciò che fanno potrà esserlo, prima o poi.

Aprire gli occhi è lecito.

Evviva l'Italia antifascista.


Wednesday, January 17, 2024

INDIFFERENZA

 "Vivere significa partecipare e non essere indifferenti a quello che succede" scriveva Antonio Gramsci su La città futura l’11 febbraio 1917:

Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.


 Anche io odio gli indifferenti, coloro che guardano dalla finestra quello che accade. Bambini che picchiano altri bambini, bambine che si tirano i capelli senza che nessuno intervenga; anzi, con spettatori che filmano e condividono i filmati  sui social. Adulti che lasciano che i figli facciano a scazzottate con i coetanei, adulti che girano armati e sparano senza controllo.

Non sopporto gli indifferenti che lasciano torturare e uccidere gli animali; non sopporto l'indifferenza, forse anche amica della paura.

Ma essere indifferenti significa anche non votare, non prendere posizione, non preoccuparsi del benessere del proprio quartiere, del proprio stato, dei propri concittadini.

E' l'indifferenza il male che colpisce la nostra società, la principale presenza negli ultimi 30 anni della nostra vita.

L'indifferenza è la colpevole di tutto ciò che accade nel tempo.

L'indifferenza del mondo occidentale verso le guerre in Siria, in Yemen; indifferenza dell'Europa di fronte al genocidio del popolo ucraino, del genocidio dei palestinesi.

Dovremmo sempre combattere contro l'indifferenza.

Con coraggio, con forza, con orgoglio. 

Con quel coraggio, quella forza, quell'orgoglio che ebbe mio padre, dopo l'8 settembre 1943.

Io sarò sempre partigiana, io saprò sempre da che parte stare perché altrimenti non potrei guardarmi allo specchio e non sarei degna di mio padre.

"Vivo, sono partigiana. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti."



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Fake news, odiatori ed altre sconcezze

 La storia della ristoratrice che si è suicidata a causa di una recensione vera o falsa veramente dovrebbe farci riflettere.

La storia è semplice: una recensione che voleva denigrare il ristorante per il fatto di accettare fra i clienti gay e portatori di disabilità, portava una sua risposta in difesa di tali avventori. E questa sua difesa l'aveva fatta premiare dal ministro per le disabilità per l'apertura personale e lavorativa verso persone altrimenti discriminate.

La ristoratrice ricevette tanti encomi.

Ma qualcuno (leggi Selvaggia Lucarelli) volle approfondire la questione e, pare, scoprì o ritenne di scoprire che la prima recensione (quella che denigrava il ristorante) fosse stata scritta dalla stessa ristoratrice solo per avere il pretesto di scrivere la seconda ed ottenere, così, il riconoscimento di un'attività antidiscriminatoria. Attività che per altro effettivamente la ristoratrice, brava e bella persona come viene descritta da chi l'ha conosciuta, attuava nel suo ristorante.

Ma il sospetto di aver scritto un post falso, o il fatto che non l'avesse scritto, ha suscitato, dopo le lodi, critiche ed ha scatenato una ridda di insulti contro la ristoratrice.

Essendo una brava persona, si è spaventata del fatto di venire chiamata dalle forze dell'ordine per chiarire tutta la situazione. E da brava persona, non abituata ad essere richiamata dalle forze dell'ordine, si è spaventata e vergognata a tal punto da suicidarsi.

Ora mi chiedo: con tutte le nefandezze che certi politici fanno (fermare un treno per andare a prendere l'auto blu; sparare in una festa di capodanno, con presenti dei bambini, rubare un quadro, ecc. ecc. ecc.); certe nefandezze che certi politici scrivono sui loro profili social per poi pretendere la privacy che loro stessi mettono alla berlina; ecco, con tutte queste nefandezze, c'era proprio bisogno di prendersela con una persona normale, che faceva tranquillamente il suo lavoro, onestamente?

Ma davvero i giornalisti devono scoprire falsi scoop sulle persone che lavorano?

Forse per non mettersi a scoprire le vere nefandezze fatte dai politici?

Selvaggia Lucarelli, per favore, visto che si spaccia per essere una giornalista, faccia la giornalista; fare il giornalista significa essere serio, fare indagini importanti (come per esempio fu il Water Gate, oppure le inchieste su Gladio e l'uccisione di Moro, tanto per dire ...) 

Stimo tantissimo la professionalità dei giornalisti, di qualunque colore o pensiero politico; sono persone che mettono in pericolo, tante volte, la loro vita, fanno inchieste pericolose sulle mafie; rischiano la loro vita in scene di guerra. 

Allora, cara Lucarelli, faccia la giornalista, glie lo chiedo con il cuore.

Oppure si limiti a fare da giudice a Ballando con le stelle (non si deve saper ballare per giudicare gli altri che ballano?); oppure si limiti a fare recensioni di libri come ha fatto per il suo fidanzato; oppure faccia qualche pubblicità a qualche materasso o divano. 

Ma le persone normali, che faticano a tirare la carretta ogni giorno, anche se cercano qualche espediente per guadagnare qualche euro in più le lasci in pace.

Grazie.


Sunday, January 14, 2024

ASSUEFAZIONE

 C'è una storia che spesso ritrovo nella memoria.

Quella della rana bollita: se metti una rana in una pentola d'acqua bollente, quella salta immediatamente fuori e si salva guardandoti e dicendo: Ahò, son mica matta a stare lì dentro!

Ma se prendi una pentola, ci metti dell'acqua fredda, con dentro una rana e poi fai bollire l'acqua piano, piano ... la rana, purtroppo, verrà bollita come l'acqua e sarà lessata viva.

Questa si chiama: assuefazione.

Perché se nei guai ci cadi a strapiombo, cerchi di salvarti, l'avrà vinta l'istinto di sopravvivenza; ma se nei guai ci cadi piano piano, non te ne rendi conto e ci morirai dentro.

Come nelle situazioni famigliari che finiscono in femminicidi.

Perché le donne sono crocerossine nell'animo e se si trovano in situazioni famigliari difficili pensano di poter salvare la situazione con la loro abnegazione.

Ed inoltre, se ti ci ritrovi da anni e anni e anni in cui piano piano ti sei assuefatta di un certo modo di vivere in cui qualcuno ti ci ha costretto, manco ti accorgi di essere finita bollita.

Chi, invece, improvvisamente si sveglia e si ritrova nel pentolone bollente e vuole uscirne, ribellandosi quando ormai è troppo tardi finisce vittima del proprio carnefice.

Perciò, care donne, dovete ricordare che non siete rane ... o per lo meno, se vi sentite rane, siate come quella rana intelligente e previdente che nel pentolone bollente non ci si mette.

L'importante sarebbe riconoscere sin dall'inizio il pentolone ed il cuciniere.

Se l'uomo con cui state vi fa dolci promesse, vi promette che la vostra vita non cambierà, che potrete continuare a fare quello che facevate prima, che potrete continuare a lavorare e ad avere la vostra vita, scappate. Perché non avete bisogno di promesse altrui per avere il diritto di vivere. 

Dovete essere voi a farvi la vostra vita, mantenere il vostro lavoro, le vostre amicizie, la vostra famiglia d'origine.

Non accettate mai compromessi e minacce; non accettate offese, di qualunque genere siano; non accettate mai di avere le telefonate controllate; non accettate mai di dover chiedere un permesso per uscire, per vedere gli/le amiche, per vedere i vostri famigliari. 

Se qualcuno vi dà dei paletti, se qualcuno vi minaccia, se qualcuno vi proibisce di vedere o sentire altri, vuol dire che quel qualcuno vi sta preparando il pentolone in cui bollirvi piano piano. 

E allora prima che l'acqua bolla, scappate!

Saturday, January 13, 2024

Orgoglio italiano made in Italy

 Sono sempre stata orgogliosa di essere italiana, indipendentemente che ci fosse al governo una forza governativa che parlasse di "orgoglio italiano" o meno.

Mio padre, carabiniere sin dai suoi diciotto anni e fino alla fine della sua vita, mi ha insegnato ad essere orgogliosa della nostra Italia, del nostro inno nazionale, delle lotte per la libertà, lui che fece la scelta dopo il 1943 di aiutare i partigiani liguri, dove lui era di istanza.

Cerco, negli acquisti, per lo più il made in Italy, non griffato che ormai si sa che le griffe sono state acquistate da altri, ma proprio il made in Italy, possibilmente anche a costo zero.

Nonostante questo mio orgoglio, vedo cose che non mi piacciono.

Conosco una signora molto gentile, sempre sorridente, cubana che, nonostante sia laureata ed abbia conseguito la sua laurea in Russia con cinque anni di vita passata in Russia e che conosce perfettamente almeno 4 lingue,  arrivata in Italia per aiutare la figlia immigrata qui, si trova a dover accettare qualsiasi tipo di lavoro per sopravvivere, pagata nemmeno 5 euro all'ora, da italiani brava gente, in questa Italia civile.

In questa Italia occidentale, civile, non vengono riconosciuti i titoli di studio, le lauree, conseguiti/e fuori dai nostri confini, a differenza della Germania che i suoi immigrati se li sceglie laureati a cui insegna la lingua e poi se li tiene stretti, i cervelli altrui.

L'Italia i laureati, i cervelli, li lascia emigrare, tenendosi quelli peggiori.

Ma durante la pandemia e in alcune regioni, l'Italia ha chiamato i medici cubani, sono arrivati anche i medici russi (accompagnati pure dai militari, ma questo è un altro discorso) perché i nostri medici non erano e non sono sufficienti.

In Italia, ci teniamo certi cervelli, come per esempio: un ministro della cultura che, facente parte della giuria del Premio Strega, confessa candidamente di non aver letto nemmeno uno dei libri candidati ma di essersi fatto fare un "riassunto", tipo Bignami, concludendo: "Poi li leggerò";  un sottosegretario alla cultura che ruba i quadri, lui che dovrebbe difenderli da furti e danneggiamenti; un ministro all'agricoltura che urla per il "made in Italy" ma siccome l'UE ha sbloccato le farine degli insetti ha urlato: "Che siano insetti made in Italy, allevati in Italia!"; ministro, per altro, che usa i treni a suo uso e consumo; un ministro della difesa che vende armi; un ministro alle infrastrutture che, oltre a non aver mai lavorato e che quindi se smettesse di fare politica andrebbe per rane, non sa nemmeno costruire un ponte con i mattoncini Lego.

Ecco, questi ed altri motivi potrebbero far scemare per sempre il mio orgoglio italiano.

Ma la speranza è sempre l'ultima a morire.

E quindi, nonostante tutto e nonostante "loro", rimango orgogliosa dell'Italia che si sa sempre rialzare e rimango orgogliosa della Benemerita, arma da sempre amata da me e dagli italiani; la Benemerita, che come mascotte ha una cagnolina di nome Briciola che passa in rassegna i carabinieri nei loro caroselli a cavallo e che ha, da poco, un cagnolino robot che si chiama Saetta.

Ed allora grido e griderò sempre: Viva l'Italia antifascista. 

Viva l'Italia come canta De Gregori:

Viva l'Italia, l'Italia liberata,

L'Italia del valzer, l'Italia del caffè.

L'Italia derubata e colpita al cuore,
Viva l'Italia, l'Italia che non muore.
Viva l'Italia, presa a tradimento, 

L'Italia assassinata dai giornali e dal cemento,
L'Italia con gli occhi asciutti nella notte scura,
Viva l'Italia, l'Italia che non ha paura.
Viva l'Italia, l'Italia che è in mezzo al mare,
L'Italia dimenticata e l'Italia da dimenticare,
L'Italia metà giardino e metà galera,
Viva l'Italia, l'Italia tutta intera.
Viva l'Italia, l'Italia che lavora,
L'Italia che si dispera, l'Italia che si innamora,
L'Italia metà dovere e metà fortuna,
Viva l'Italia, l'Italia sulla luna.
Viva l'Italia, l'Italia del 12 dicembre,
L'Italia con le bandiere, l'Italia nuda come sempre,
L'Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
Viva l'Italia, l'Italia che resiste.






Wednesday, January 03, 2024

Concorsi letterari

 Devo confessare che ho partecipato a vari concorsi letterari, importanti e meno.

Come per esempio, nel 2005, un concorso Ferrero che aveva come incipit un inizio di racconto di Melania Mazzucco. Si trattava di un breve giallo da completare con un numero fisso di battute, considerando nelle battute anche la punteggiatura.

Io partecipai ed al termine fui invitata, come tutti i partecipanti, a Torino, presso una cioccolateria, verso la sera del 2 febbraio 2005. Approfittai per fare un giro per Torino con mia figlia che passò la giornata a fare fotografie. Verso le 18 ci dirigemmo verso la cioccolateria dove erano convenuti tutti i partecipanti.

Ferrero iniziò, dopo i saluti, dicendo che ne erano arrivati tanti, di racconti, da aver dovuto farli leggere alla moglie, che non faceva parte, però, della giuria.

Già questo mi fece arrabbiare perché è la giuria, a mio parere, che deve leggere e non altri.

Lasciai correre su questo punto ma poi si aggiunse che venne premiato un partecipante torinese, che partecipava a tutti i loro concorsi e lessero quanto aveva scritto quel signore: fuori dal numero di battute definite, era anche uscito dal tema. 

Lasciai correre anche su questo punto.

Poi lessero un brano ed una donna si alzò urlando: MA QUESTO E' IL MIO RACCONTO ... Poi disse, ah no, non è il mio ... 

Mah, mi dicevo, vuol dire che poi non è che abbiano premiato un racconto originale se si poteva confondere il testo con un altro.

Ma il colmo fu quando dissero: Tutti hanno parlato degli altri protagonisti ma nessuno ha raccontato sulla bambina.

Ecco, a quel punto mi alzai e dissi a mia figlia: Io mio, allora, non l'hanno letto. Ce ne andiamo.

Ci alzammo e ce ne andammo. Avrei voluto urlarglielo e contestare il tutto, ma preferii andarmene.

Non ho, quindi, molta fiducia in questi concorsi.

Il colpo di grazia l'ha dato, se vogliamo, l'attuale ministro della cultura che, facente parte del Premio Strega, ha confessato a Geppi Gucciari, di non averne lette nemmeno uno, dei libri candidati. 

Bel modo di rendere credibile un premio ... 

E quindi ecco perché non partecipo più ai concorsi: si fanno pagare una tassa di lettura per poi non leggerli nemmeno.

Mi limiterò a pubblicarmi a mie spese.