I fatti quotidiani della politica italiana mi costringono a parlare di una cosa ovvia: il segreto d'ufficio.
Quando fui assunta nel mio primo impiego a tempo determinato, dopo il diploma, il titolare mi chiese: Sai cosa è il segreto d'ufficio? Non ebbi problema a rispondere: Certo. Sono figlia di un carabiniere, ne ho sempre sentito parlare.
La conversazione finì lì.
Erano già sei anni che, durante l'inverno o le vacanze estive, lavoravo, per imparare il mio lavoro impiegatizio: avevo lavorato presso ingegneri che mi facevano battere a macchina i capitolati dei lavori dell'amministrazione comunale; avevo lavorato in una copisteria per battere a macchina le tesi dei laureandi e non solo; avevo lavorato presso un ufficio legale.
Nessuno dei titolari di questi lavori (pagati e no) mi aveva posto il quesito.
Negli anni scolastici ho studiato: Legislazione Sociale, Statuto dei Lavoratori; Diritto Pubblico; Diritto Privato; Diritto Costituzionale. Oltre a Scienze dell'amministrazione e Scienze delle finanze.
Il mio diploma (segretaria d'amministrazione con specializzazione in corrispondenza estera in lingua inglese e francese) presentava una serie di studi per prepararci a lavorare in amministrazioni ed uffici pubblici o privati.
E da una vita considero il segreto d'ufficio come un obbligo per i dipendenti di qualsiasi impresa, privata o pubblica, commerciale o meno.
Eppure questa situazione del ministro della cultura (bel ministro, con lacune letterarie, storiche e geografiche non indifferenti) fa risultare ministri e ministeri dove cani e porci possono inserirsi o millantare inserimenti, registrando immagini e conversazioni.
Problemi di sicurezza? Problemi di spionaggio?
La telenovela continua ...
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